• Pubblicata il
  • Autore: Elly
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Vendetta - Imperia Trasgressiva

Torno a casa dalla discoteca, sono le cinque del mattino.
Mi ha accompagnata uno dei tanti, sconosciuto e senza nome, che mi scopata in macchina.
Apro la porta, entro.
Poso lo sguardo su una figura addormentata sul divano in salotto, illuminata dalla luce intermittente della tv rimasta accesa su un canale morto.
L'effetto "neve" è quasi irreale, sono stanca ma lo riconosco: è il mio patrigno, un uomo che detesto.
Passo facendo rumore di tacchi sul pavimento, non mi importa di svegliarlo, sarà ad ogni modo troppo ubriaco per accorgersi di me.
Guardo nella stanza di mia madre: il letto è in ordine. Hanno litigato di nuovo e lei se n'è andata ancora una volta.
Tornerà, torna sempre, le occorre solo il tempo per dimenticare e perdonarlo.
Sono in camera mia, mi tolgo gli stivaletti e lascio cadere la gonna per terra.
Vorrei lavarmi, ma sono troppo sfinita per farlo.
Sto sbottonando la mia camicia quando lui entra senza bussare, stravolto dall'alcol.
Mi guarda, vedo i suoi occhi indugiare sul mio corpo.
E' un fallito, un miserabile.
Se fossi mia madre lo avrei già cacciato via da un pezzo.
Quando mi guarda in viso è chiaro che legge nei miei occhi una sfida insostenibile.
Entra nella mia camera, senza accorgersene calpesta la gonna che ho lasciato sul pavimento.
Questo particolare mi distrae per un attimo, proprio quando mi sento afferrare per le spalle e spingere con forza.
Perdo l'equilibrio, cado sul letto.
Riprendo subito il controllo nonostante lo spavento.
Ora sì che sono sveglia del tutto.
"Voglio proprio vedere fino a che punto vuoi arrivare." gli dico con arroganza ma quello che penso in realtà è che voglio vedere quanto può cadere in basso, quel verme.
Mi monta sopra, afferra la camicia e la apre con un gesto rabbioso. Sento i bottoni strappati che cadono sul letto e per terra.
Il reggiseno l'avevo indossato prima di uscire, ma probabilmente lo avevo dimenticato nell'auto dell'uomo che mi aveva accompagnata a casa.
Non ricordavo con esattezza, non aveva importanza.
Vide i miei seni, ben fatti e impertinenti.
Qualcosa nel mio patrigno si bloccò, lo vedevo tremare.
Scoppiai a ridere.
Mi arrivò in faccia un manrovescio così forte che cascai giù dal letto.
Accennai a rialzarmi, con una guancia in fiamme, ma decisi di rimanere carponi.
Lo guardai, seduto sul letto, confuso e spaventato.
Non aveva nemmeno le palle di finire quello che aveva iniziato.
Mi avvicinai con le movenze di una gatta, fermandomi in ginocchio davanti a lui.
Nascondeva il viso tra e mani, non aveva il coraggio di guardarmi in faccia.
Non fece nessuna resistenza quando gli sbottonai i pantaloni e glielo tirai fuori.
Iniziai a masturbarlo con forza, sentendolo crescere ed irrigidirsi tra la stretta della mia mano.
Lo assaporai, il suo cazzo mi affondava in bocca ad ogni movimento della mia testa.
Gemeva, sconfitto e umiliato, lasciandosi violentare.
Per una volta, sarei stata io a condurre il gioco.
Era eccitante, sentivo di avere un potere.
Stavo avendo la mia vendetta su di lui e su tutti quelli come lui.
Colpivo la punta con la lingua, ci giravo intorno giocandoci per poi accoglierlo in tutta la sua lunghezza, succhiando e stringendo con le labbra, poi lo spinsi in modo da farlo sdraiare sulla schiena e gli montai sopra.
In un attimo guidai il suo cazzo pulsante verso il mio sesso.
Ero più che bagnata e mi lasciai penetrare facilmente, muovendomi per tutti e due.
Lo sentivo entrare un centimetro alla volta, incuneandosi profondamente nel mio corpo finchè non lo accolsi tutto dentro di me.
"Sono io che ti fotto, bastardo.", pensavo mentre sgroppavo e mi dimenavo con vigore sopra di lui.
Il suo cazzo non era diverso da tutti gli altri, eppure il calore che sentivo era diverso dal solito, misto ad una soddisfazione eccitante.
Il mio umore vaginale si mischiava al suo piacere mentre il vuoto e il pieno si alternavano nel mio corpo.
Sudavo e godevo, assaporando ogni momento, piantandogli le mie unghie nel petto.
Unita al mio matrigno, mi dimenai come una selvaggia.
Lui non reagiva, si lasciò dominare e scopare finchè non venne dopo appena un minuto, schizzando il suo seme dentro di me, riversandolo nel mio corpo come aveva già fatto un altro uomo non meno di un'ora prima.
Non smisi di muovermi, aumentando il ritmo sollevandomi e facendomi ricadere sul suo membro ancora vigoroso, mi strizzai i capezzoli quasi torcendoli non ancora appagata da quell'accoppiamento osceno e incestuoso.
Ma fu quando lui gridò "Basta!" che venni anch'io con un orgasmo che sapeva di vendetta, forte e feroce.
Mi sfilai e lo spinsi giù dal letto a forza di calci.
Piangeva, quasi inciampò mentre usciva dalla mia camera.
Mi accesi una sigaretta... sorridendo.
Era stata una bella serata.

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